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al testo di Emilia Filocamo
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Al fondo delle cose trovo sempre la stessa pariglia: un giorno che è Pasqua e l'abito che è senza ossa, corto, mi dà alle ginocchia, e i fili d'erba su per il Terminio ritorti dal freddo, gli sprovveduti, abboccano già secchi all'estate. Di tutti i tocchi, rintocchi sul seno, goliardici quelli addrizzati sul ventre, rimane più denso il primo rubato in via della Falconara con il vento che sapeva di incenso e le teste tonde dei mandriani venuti a spiarci, nel momento del tic tac, il meno opportuno. Al fondo delle cose stiamo sempre io e te, e quel nodo caparbio di braccia e di stoffe divenute leggere col tempo, insopportabili all'inverno. Ci conosciamo con fare da tre quarti; noi, in fondo, siamo questo collasso, un biglietto scaduto e certe vie ammucchiate nel centro del nulla, come piacciono a noi. Complici e svelte.
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